giovedì 8 maggio 2014

Rappresentazioni interne

Voglio farti riflettere, anche con questo blog,  riguardo al comportamento del nostro amico cervello, perché' ritengo che a pensarci bene, alcuni comportamenti inconsci che abbiamo, hanno una spiegazione razionale e a mio avviso anche simpatica.
Noi tutti abbiamo le rappresentazioni interne che sono generate dalle immagini evocate dalle parole che il nostro interlocutore utilizza per comunicare con noi; spesso quando non capiamo qualcosa viene spontaneo chiedere: "mi fai un esempio?".
In questo caso il nostro amico emisfero destro, (ricordi che lo abbiamo chiamato DX?), DX, dunque, ci chiede le immagini rappresentative di quel concetto che ci appare astratto; le rappresentazioni interne percio' sono generate dallo stato emotivo con cui DX si esprime e proprio queste dinamiche contrapposte alla razionalità' del SX sono ritenute "irrazionali". Faccio un esempio semplice: quante volte, usciti dal cinema, pur sapendo di essere stati ad una rappresentazione cinematografica, quindi finzione accertata !, il nostro stato d'animo rimane con la scia emotiva generata dalla visione del film?Quante volte abbiamo l'umore condizionato dal sogno che abbiamo fatto la notte? ....A me capita di avere astio verso persone con le quali ho litigato nel sonno, e pur sapendolo, se le incontro la mattina,  emotivamente mi sento un po' incazzato con loro... e quante volte restiamo di buon umore per tutta la sera se il film che abbiamo visto era di una comicità' unica?!
Nulla possiamo fare se non provare a generare nuove rappresentazioni interne affinché DX cambi totalmente le dinamiche emotive, facendo prevalere la razionalità' di SX.
Percio' possiamo tranquillamente sostenere  che siamo impressionabili sia per i fatti reali che ci accadono intorno, sia per quelli generati dalle rappresentazioni immaginarie e che queste sono più' forti delle spiegazioni razionali.
Alcune volte, siamo suggestionati dall'impressione di aver visto o sentito qualcosa, addirittura viviamo i cosiddetti "deja' vu", per poi essere certi che si trattava solo di una svista e quindi la consapevolezza di essere stati  impressionati emotivamente: questo e' spiegato  proprio dalle nostre  rappresentazioni interne.
Percio' possiamo affermare che lo stato emotivo di DX e' strategico nella nostra  comunicazione al punto che possiamo cercare di  fare arrivare al nostro interlocutore i concetti che abbiamo stabilito,  in modo certo ed efficace! magari aiutati dalle rappresentazioni che riusciamo a  generare nel suo DX!!!
Prova a pensare a quante volte qualcuno ti ha chiesto di fare un esempio per meglio capire cio' che stavi raccontando! e pensa all'occasione, all'opportunità'  che hai in questi momenti nel riuscire a comunicare in modo efficace e perfetto, solamente , sapendo generare una rappresentazione interna!!
Mi auguro che anche questa riflessione sia stata in qualche modo interessante e utile, così come lo e' stata per me e mi auguro di ritrovarti al prossimo blog.
a.

"La vera scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel vederli con nuovi occhi"
                                                                                                                                                 M. Proust

mercoledì 23 aprile 2014

il "dualismo" della mente

Avete mai pensato a come impegniamo il nostro cervello per gestire i nostri momenti di vita personale e professionale?
 Ecco un altro argomento a mio avviso  interessante per pensare a come agire in modo strategico ed efficace. Il nostro amato amico cervello e' veramente instancabile, lavora giorno e notte, elabora, traduce, proietta, trasforma, riflette, deduce, crea e 100.000 altre cose, tutto attraverso la complicità' dei due emisferi che lo formano, il destro ed il sinistro; beh, nulla di politico s'intende, poiché' cio' che uno comunica, l'altro lo accetta di buon grado e lo filtra secondo la sua funzione, dandoci modo di utilizzare al meglio il risultato, ed agire di conseguenza.
Il sinistro, (chiamiamolo "SX" per brevità' di scrittura) diciamo così... e' più'" digitale", nel senso che possiede un linguaggio che codifica le lettere, agisce secondo la "logica", la scrittura, mentre il destro ("DX" per gli amici) e' "sensoriale", ha in se' le funzioni dell'immagine, dei suoni, degli odori, del gusto ecc., quindi... diciamo così....  e' il più' creativo dei due.


Ricordo un bell'esempio trovato nel sito di un collega che si interessa come me di comunicazione, che fa comprendere bene cio' di cui vi sto parlando: prendiamo la parola "albero"  e se aggiungiamo la lettera "t" tra la "r" e la "o", otteniamo "alberto" ( esempio più' azzeccato del mio nome....?). ok, una lieve modifica e cambia il totalmente il significato!
 SX ha capito sùbito il cambiamento, DX di conseguenza cambia l'immagine da produrre. L'immagine e' diversa per ognuno di noi, ovvio!; chi visualizzerà immediatamente un cipresso, chi un "acero globosum",  secondo le nostre esperienze;

 + t  alberto

Ma la f....ta  sapete qual'e'? che nel far fare al nostro amico il processo inverso, si ottengono spesso prestazioni esaltanti!
Sì!, perché' se mostriamo prima l'immagine a DX,  fare la decodifica in lettere, per  SX,  e' un gioco da ragazzi!!!
                                               è SX  a decidere ma DX ad agire

 Vi e' mai capitato di schivare un pericolo improvviso e dire: "non so neanch'io come ho fatto ad evitarlo..... " ebbene, cio' e' accaduto semplicemente perché' non c'era il tempo per decidere, tutto e' accaduto così in fretta  che DX ha deciso di saltare completamente la prassi ed e' passato all'azione, senza comunicare con SX.
Nella situazione di pericolo improvviso, istintivamente abbiamo agito senza pensare, ne' programmare cio' che abbiamo fatto.
Questa particolare attitudine, e' spesso  sviluppata in alcuni campioni sportivi, dotati del DX molto sviluppato rispetto all' SX poco allenato, e percio' riescono a compiere  performances straordinarie semplicemente perché' anticipano velocemente gli avversari, più' lenti nelle loro reazioni.
Ecco, un'ottima riflessione per utilizzare, un altro strumento che può' farci reagire più' velocemente con la consapevolezza che lavorando un po' su noi stessi , il nostro amico cervello ci potrà' riempire di grandi soddisfazioni inaspettate!!!
Mi auguro di aver stimolato ancora una volta il vostro interesse percio' abbraccio tutti e...
...alla prossima!!
a.

"Solo una mossa imprevista disorienta l'avversario".  Majakovskij


mercoledì 5 marzo 2014

giovedì 13 febbraio 2014

Time goes by so...


" il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile: più' e' il tempo e più' il  lavoro sembra importante ed impegnativo"... scriveva lo storico londinese C. Parkinson in uno dei suoi saggi più' conosciuti.

 Tradotto  per meglio comprendere il concetto la  formula sarebbe espressa nel modo seguente

                             


                                                     + tempo abbiamo + ne sprechiamo


ma funziona sempre così? ....Managers di tutto il mondo....! la pensiamo davvero in questo modo?

Io non so se, davvero, la formula espressa dallo storico  abbia influito nell' utilizzo del mio tempo, soprattutto  in campo professionale proprio perche' ancòra oggi fatico a  gestire in modo ottimale  il "tetrix" delle mie  attività' nelle ore che ho a disposizione.
Eppure, a pensarci bene,  se esiste un aspetto  democratico, equivalente per tutti, quello e' proprio il tempo:
sappiamo che la giornata, per tutti , e' composta da  24 ore, cioè' 86.400 secondi che ognuno di noi spende  in modo diverso, come crede certamente (!), ma  e' nel modo in cui approcciamo il tempo che  ci comportiamo  diversamente; chi  crea il tempo e chi lo subisce.
Percio' concordo con chi dice che puo' essere vero anche il contrario di cio' che enunciava Parkinson, cioè , che se lo subisci, e' certo che stai cercando affannosamente  di ottenere il massimo dell' efficacia rincorrendo le priorità' e le urgenze ma.... spesso quelle che arrivano improvvisamente.

Quanti di noi consapevoli della bolletta in scadenza hanno rimandato all'ultimo momento il pagamento?

Chi di noi ha protratto fino all'ultimo momento un argomento di lavoro, un po' ostico, fino allo scadere accumulando inevitabilmente e continuamente, cose da fare?
allora potremmo dedurre che e' pur vero che

                                               - tempo abbiamo a disposizione +  rincorriamo le priorità'


In questo caso viviamo la situazione frustrante di aver fatto tante cose ma la percezione a fine giornata e' quella di esserci ritrovati a "rincorrere la palla", ossia senza concludere nulla .

Dobbiamo percio' riflettere sul concetto che il  tempo non può' essere considerato  come un contenitore vuoto nel quale buttare tutta una serie di azioni da compiere, cercando di farcele stare tutte insieme; e peggio ancora, se il nostro contenitore-tempo , come per le scatole cinesi, contenendone una dentro l'altra avrebbe occupato  lo spazio solo con gli involucri vuoti dei contenuti  di cui abbiamo necessita' per condurre le nostre attività' produttive.

A tal proposito, ecco che ci soccorre uno strumento manageriale, applicabile anche alla nostra quotidianità' e  che rimane sempre  di grande utilità': la matrice del tempo di Covey , da sempre utilizzata con grande efficacia:


Questo semplice strumento ci indica nei 4 quadranti che le attività' possono essere di carattere
  • Importante e urgente
  • Importante e non urgente
  • Non importante e urgente
  • Non importante e non urgente
Prova ad inserire le attività' che svolgi durante la giornata pensando in quale casella collocarle ma facendo bene attenzione a quelle urgenti che non necessariamente sono o diventano anche importanti e che percio' possono rimanere "non importanti":  queste rubano pericolosamente  tempo alla gestione delle attività' degli altri quadranti. 

Analizziamole velocemente:

 - Il 1 quadrante indica CRISI: attività' che potrebbero generare conseguenze gravi; 
                                             obiettivo: minimizzarle
 - il 2 quadrante indica OPPORTUNITA':attività' che ci aumentano la nostra capacita' di autogestione:
                                             obiettivo: prestare attenzione costante
 - il 3 quadrante indica INGANNO: attività' che spesso confondimi col quadrante 1; spesso sono attività' importanti           
                                            per gli altri ma non per noi. Obiettivo: attenzione a riconoscerle correttamente
 - il 4 quadrante indica SPRECO: attività' utilizzate come svago, per fuggire da cil' che non si ha voglia di fare;
                                            obiettivo: evitarle il più' possibile.

L'obiettivo finale e' quello di vederle spostarsi, a mano a mano che le affronti , portandole nel quadrante 2.

L'ho provato, vedrai che il risultato ti sorprenderà'.

Alla prossima

"...e non lasciare andare un giorno per ritrovar te stesso...perche' la vita e' adesso" C. BAGLIONI

venerdì 7 febbraio 2014

via dai valori verso i valori


Mi guardo attorno e nel casino sociale che mi avvolge, che mi circonda e che qualche volta tenta di stritolarmi, mi prende questo dubbio inquietante che mi fa sentire l'ultimo di una fila di gente che corre verso la meta, spinta da chissa' quale energia con facilita' ma anche con evidente stato di rassegnazione. Dirai che sono pazzo! Forse un po' si, ma a te non capita mai nel bel mezzo della tua giornata lavorativa, di fermarti un secondo con te stesso e sentirti assalire improvvisamente dal grande dubbio: cosa e' importante per me? lo so? gli altri lo sanno? perché faccio cio' che faccio, nel modo in cui lo faccio?
Apparentemente potrebbe sembrarti una menata inutile, ma se ci pensi bene, hai a che fare con quella parte di te che sta lavorando alla ricerca dei propri valori;  sono proprio le nostre convinzioni, i nostri comportamenti a guidarci, spesso di fronte alle sfide, agli stress, facciamo cio' che facciamo in base ai nostri valori. Mi spiego meglio con un esempio: ho un amico che si e' recentemente iscritto in una piscina perché ritiene importante la cura della sua salute e spende alcune ore settimanali nel piacere di attraversare vasche su vasche; nel raccontare la sua scelta sportiva rivela che ha scelto di nuotare proprio perché', al contrario di uno sport di squadra , ama in quei momenti stare in solitudine e sentire forte lo stato di indipendenza che lo fortifica e lo rilassa. In quel momento e' più' importante essere sportivamente indipendente. Ecco rivelato il valore del suo momento sportivo.

Comprendere i tuoi valori, comunicarli agli altri può trasformare il tuo modo di vivere, di lavorare  ed il modo in cui gli amici, i colleghi i tuoi collaboratori  si relazionano con te; lavorare sulla consapevolezza che esistono, che li conosci e che  li sai  definire,  significa raggiungere le soddisfazioni personali e professionali con grande semplicità' e rilassatezza.

Purtroppo in pochi ne sono consapevoli; di fatto spesso si va verso una direzione quasi come se avessimo inserito il pilota automatico, avendo sì! un' idea di cio' che vogliamo ma come se non comprendessimo appieno il motivo per cui vogliamo proprio quello.
Per cui eccoti uno strumento che come al solito ho testato prima su me stesso per verificarne l'efficacia; si tratta di  un semplice esercizio che potrebbe aiutarti ad identificare e definire i tuoi valori per raggiungere i tuoi obiettivi con soddisfazione.

Elenca almeno 10 valori in cui credi o pensi di credere
       
 esempio:

  1. per me e' importante la partecipazione dei miei collaboratori alle riunioni (verso )
  2. per me e' importante che non si perda tempo ( via da )
  3. ...................................
  4. ..................................
  5. ..................................
  6. ..................................
  7. ..................................
  8. ..................................
  9. ..................................
  10. .................................. 
Bene, ora devi sapere che in confronto ai valori, ci comportiamo nelle seguenti  modalità':
  •  "verso" i valori"
  •  "via dai valori"
mi spiego: quando la modalità' e' "verso i valori" significa che ci muoviamo in direzione del piacere e del confort; se invece utilizziamo la modalità' "via dai valori" adottiamo comportamenti che ci allontanano da situazioni spiacevoli e che ci procurano disagio o dolore.
Puo' essere che le due cose coesistano nei ns comportamenti, per esempio nel mio primo punto voglio che tutti i collaboratori partecipino (verso) e allo stesso modo ritengo importante che non ci siano assenti (via da). 
Spesso queste modalita'  si consolidano con le esperienze vissute già' dalla nostra infanzia:  quelle "verso" derivano da esperienze che in passato ci hanno procurato emozioni positive, mentre i valori "via da" sono probabilmente frutto di traumi emotivi, esperienze fallimentari o decisioni prese in passato che hanno generato fatti negativi; quindi quando ho lo schema chiaro in mente posso farmi le domande appropriate per riconsiderare le mie posizioni alla luce dei fatti elencati.

Pertanto spero che con questo schema  possa  trovare facile rafforzare cio' che effettivamente desideri potendo lavorarci da subito,  riuscendo a dimostrarlo anche agli altri ed essere  così più' facilmente compreso.

Alla prossima
a

"Si vive una volta sola. E qualcuno neanche una!" Woody Allen


mercoledì 29 gennaio 2014

Se non ti fidi della diagnosi, come puoi fidarti della ricetta?



(dialogo)
 - "...e' il segno distintivo dei professionisti e dei managers",
 -  .."ma cosa stai dicendo??" 
 - " ma si, dai..., il principio che si manifesta nei tanti momenti della vita professionale dei managers... quello di diagnosticare, prima di prescrivere! e' altamente rischioso, lo so.. e' molto difficile ma.. cerca di capire!! "
 - "beh, si, ho capito, volevi dire che....."
 - nò-o: cerca di capire e' il messaggio  che ti ho trasferito col primo post di questo blog! ricordi?".....

Il concetto "cerca di capire"  che ho espresso nella conversazione col mio amico Rocco, non più tardi di una settimana fa, vale sì (!) per le categorie di professionisti come i medici oppure gli avvocati, ma ritengo sia pertinente anche nelle comunicazioni cosiddette "normali", soprattutto quando abbiamo l'intenzione di vendere qualcosa a qualcuno cioè.... nelle strategie di vendita.
Entrero' nel "funambolico" mondo dei consulenti alla vendita molto presto (per coloro che mi hanno scritto  richiedendomi consigli in tal senso), ma vorrei restare focalizzato sul concetto espresso nel dialogo che ti ho riportato qualche riga fa; metti il caso, per esempio,  che il tuo oculista descrivendogli  il tuo improvviso abbassamento della capacita' di lettura, sorridendo estragga dal cassetto un paio di occhiali e con aria paterna  te li porga come risoluzione immediata al tuo problema: come potresti fidarti della ricetta di costui che ti prescrive l'utilizzo di occhiali senza misurarti la vista, solo perché e' un  professionista ed anche lui li porta?  in tutta onesta' penserebbe che saresti un ingrato a non fidarti! dopotutto ti conosce bene....
Oppure l' avvocato che ti deve difendere e che, senza chiederti nulla e' pronto per affrontare la causa ma non ti ha fatto nemmeno una domanda per capire se e quanto saresti implicato?!!
pensa ad un creatore di prodotti ....potrebbe tralasciare le regole ed i gusti dei consumatori e dedicarsi semplicemente alla creazione dei suoi prodotti, solo perché ritenuti da lui geniali? Un bravo ingegnere potrebbe progettare e costruire senza valutare forze e tensioni? Un bravo insegnante può sottovalutare le caratteristiche della classe prima d'insegnare? Un buon genitore può giudicare  e valutare i figli senza cercare di comprenderli?

"La chiave di un buon giudizio e' la comprensione" come scriveva un grande autore di tecniche manageriali statunitense, ed io approvo pienamente.
Nella comunicazione dobbiamo incominciare da qui: IMPARARE a capire, a diagnosticare.

Ci torna assai più' comodo, pero', agire nei quattro modi seguenti:

  • valutare, ossia, siamo d'accordo o in disaccordo
  • inquisire cioè partendo da come la vediamo noi, subissiamo di domande invadenti
  • consigliare, in sintesi, partendo dalle nostre esperienze, elargiamo i nostri preziosi consigli
  • interpretare, vale a dire come ho scritto nei blog precedenti, partendo dalla nostra autobiografia siamo certi che il comportamento altrui sarà ...come diciamo noi.

Noi non saremo mai in grado di vedere il mondo come lo vede l'altro se non impariamo a capirlo, ad entrare nel suo modo di vedere le cose e di conseguenza a diagnosticare, a sfaccettare tutte le caratteristiche di ciò che ci sta trasmettendo, ad utilizzare il famoso ascolto empatico.

 - "Beh, e' più' facile a dirsi....." penserai! .... ti diro', io ho sperimentato alcuni princìpi  che -  come ormai ben sai -nelle varie letture notturne mi hanno dapprima illuminato ed aiutato a riflettere ma anche stimolato a mettere in pratica le tecniche apprese per osservare quali fossero le reazioni.

In primis, prova ad utilizzare questi metodi e testane l'efficacia:

 - la tecnica dell'ascolto attivo: ascolta le parole del tuo interlocutore e sforzati di ripeterle; dimostri per lo meno di averlo ascoltato attentamente. 
Ma per capire e poi diagnosticare, occorre fare di più'
 -la tecnica dell'ascolto empatico: riformula il contenuto delle parole; stai dicendo a tuo modo, il concetto  che ti hanno appena espresso;  percio' stai usando la parte più' raziocinante del tuo cervello, quella dell'emisfero sinistro
 -la tecnica del sentimento: riformula lo stato d'animo delle parole che ti arrivano; stai utilizzando la parte destra del cervello quella attenta  non tanto al significato delle singole parole ma a come si sente l'interlocutore nell'esprimerle;
 -la tecnica empatico-sentimentale: cioè' l'insieme della seconda e della terza tecnica, pertanto  l'utilizzo dei due emisferi insieme.
Quando utilizzerai la quarta tecnica, ti accorgerai di quanto incredibile sarà la fiducia riposta nei tuoi confronti e di quanto ti sarà  facile  a questo punto diagnosticare perché avrai  dimostrato di aver compreso o per lo meno di averci provato con grande sincerità'.

Se devo riassumere in una sola frase cio' che ho imparato nelle relazioni interpersonali nella mia carriera manageriale e' sicuramente " prima di farti capire, cerca di capire!"

alla prossima
a.

"Uno sciocco può' parlare, ma solo un uomo saggio sa comunicare" BEN JONSON




martedì 21 gennaio 2014

Osservo l'interpretazione o interpreto l'osservazione?

A volte durante gli incontri di formazione mi sono trovato  a  riflettere ed a far riflettere  sulle  credenze di chi pensa, con convinzione assoluta, che i comportamenti, gli atteggiamenti, i modi di esprimersi  delle persone ci portino automaticamente a clusterizzarle  con certezza e ad individuare di quale tipo o "specie umana " fanno parte, rischiando , a mio avviso di tradire  del tutto o in parte la realtà' che li circonda, semplicemente interpretandola.
Specialmente nella vendita, il tranello nel quale il venditore mediocre ancora oggi cade e' rappresentato dalla sua interpretazione dei comportamenti , addirittura dall'abbigliamento che il cliente indossa stabilendo frettolosamente  di quale tipologia sociale appartiene e di conseguenza come approcciarlo e spesso a ignorarlo. Ma stando alla mera interpretazione dei fatti, restando in tema di comunicazione per fornirti anche con questo post uno strumento reale, occorre stabilire una semplice ma importante differenza che riguarda il nostro modo di comunicare, cioe' la distinzione tra:

  •  le affermazioni di fatti 
  •  le affermazioni di inferenza ( come dire....trarre  le conclusioni) 
Nelle affermazioni di fatti ci limitiamo a dare la descrizione di quanto abbiamo osservato o ascoltato e sono limitate al numero; in quelle di inferenza, invece illimitate, andiamo al di la' di cio' abbiamo ascoltato ed osservato e potremo farle in ogni momento.

Voglio essere più' chiaro; osservando la foto  potremmo affermare che l'attore (?)...( appero'! ):

 - porta la mano sinistra sugli occhi
 - sullo sfondo c'e' un orologio
 - appaiono solo quattro dita

Semplicemente queste, e poche altre, sono affermazioni di fatti e come vedete, numericamente sono limitate; le affermazioni di inferenza invece potrebbero essere:

 - e' stanco
 - ha mal di testa
 - e' malinconico
 - massaggia gli occhi
 - si sta concentrando perche' e' di fronte ad una terribile traduzione in lingua inglese
 - non si e' accorto del tempo passato ( per forza l'orologio e' alle spalle!)
 - ...gli e' capitato qualcosa di brutto, ha una smorfia di pianto
 - non vuole farsi vedere in foto, ..sai la privacy...
 - da quanto non fa la barba?

Potrebbe  essere  che una di queste affermazioni sia reale , ma quale sara'?
E' evidente che fare  inferenze e' molto frequente poiché non siamo sempre a conoscenza del nostro interlocutore  e della sua sfera affettiva o non siamo in grado di poterle osservare, percio' sono inferenze le affermazioni degli stati d'animo espressi da chi non li prova.

Per non cadere nella trappola di fare inferenze e' necessario utilizzare lo strumento - ancora una volta, renditi conto della superpotenza della domanda: "come lo so? come posso pensare che sia proprio come dico? ", così grazie a questa riflessione  ci rendiamo conto se  se stiamo utilizzando la proiezione di noi stessi ed abbiamo attribuito agli altri cio' che proviamo insieme  ai nostri sentimenti  che sono  e rimangono solo nostri e che potrebbero avere mille altre motivazioni, oltre a quelle che abbiamo pensato.
E non tralasciamo anche le inferenze che riguardano le previsioni del futuro: "domani sicuramente ti pentirai di cio' che hai fatto!"; " se continua così...se ne accorgerà'..."!

Non demonizzerei del tutto l'inferenza se nella nostra comunicazione volessimo inserire gli elementi di influenzamento reciproco ma un'inferenza non verificata potrebbe pericolosamente compromettere le relazioni ed innescare comportamenti che potrebbero portare a distorcere la percezione fino al punto che i nostri punti di vista diventano praticamente solo negativi.

"Giudica un uomo dalle sue domande, piuttosto che dalle sue risposte" VOLTAIRE

giovedì 16 gennaio 2014

il controllo del manager illuso

In una delle mie svariate letture notturne (che mi rapiscono fino a fare le ore piccole quando trovo gli argomenti che mi intrippano!)  mi sono piacevolmente imbattuto in un approfondimento che studia ed argomenta i comportamenti, le azioni e di conseguenza  le reazioni all'interno delle aziende, affrontando il  concetto di azione manageriale che io stesso, spesso, ho avuto  modo di notare nelle mie esperienze lavorative a contatto con alcuni manager per i quali ho lavorato; ma  riconosco che l'atteggiamento che sto per raccontare e' comune ad una serie di caratteristiche comportamentali di parecchi di noi, anche nella vita quotidiana. Mi fa specie pero' che ancora oggi alcuni manager si trovino di fronte all'ottusità' che questo comportamento provoca nei risultai non solo di team working ma di conseguenza nel  mancato o imperfetto raggiungimento degli obiettivi professionali.
Riporto un episodio raccontato da un bravo coach statunitense che ti fara' capire immediatamente di cosa parlo:

"... quando quando ero piccolo, i miei genitori mi dicevano cosa fare, e mi sgridavano se disobbedivo. A scuola, i miei insegnanti mi dicevano cosa fare e mi punivano se non lo facevo. Quando ho fatto il servizio militare, il sergente mi diceva cosa fare e se non eseguivo erano dolori, quindi ho eseguito! Anche quando ho trovato il mio primo lavoro, il mio capo mi diceva cosa fare. Percio' quando ho raggiunto una posizione con una certa autorità' sapete cos'ho fatto? ho cominciato a dire alle persone cosa fare, perché' così avevano fatto i miei modelli!"

Questo capita o e' capitato alla maggior parte di noi: siamo stati cresciuti sentendoci dire cosa fare e siamo diventati molto bravi a riprodurre questo comportamento. Cio' che ci attrae  e' sicuramente avere o dimostrare di avere il controllo, a volte anche se solo a noi "stessi!
Questo e' l'atteggiamento che spesso, applicato "nudo e crudo" crea nei managers la convinzione di avere tutto sotto controllo e di aver conquistato ed esercitato la leadership con cognizione di causa.
Chi si limita a dire cosa fare non fa altro che infastidire e di conseguenza  demotivare il team che reagirà senza osare di dimostrarlo e senza dare un qualsiasi  riscontro, tanto non verrebbe ascoltato.
Di fronte al manager tutti si dimostrerebbero servili, i cosiddetti "yes men" salvo poi, pieni di risentimento, reagire fornendo prestazioni scadenti, interrompendo il lavoro ed in alcuni casi , sabotandolo, non appena il manager volta le spalle.
Siamo  ben lontani dalla leadership e dal controllo che il manager illuso crede di possedere!

Ma lo spiraglio per la via d'uscita c'e', lo strumento per gestire la situazione e per dire cosa fare nel modo giusto e credibile sta nel lavorare sulla memoria delle persone che ci ascoltano, il segreto sta nel non limitarci a dire solo parole ma muovendo le  intenzioni delle future azioni attraverso altri strumenti: e lo conferma una ricerca portata avanti da alcuni studiosi che hanno sperimentato un modello con notevole successo: in pratica hanno creato un gruppo di persone suddividendolo senza criterio in diversi sottogruppi, a ciascuno dei quali e' stato insegnato qualcosa di molto semplice, la stessa cosa per tutti, ma utilizzando tre approcci diversi.
Il risultato ottenuto e' stato veramente significativo quando sono stati  usati esempi o dimostrazioni; la memoria ha mosso reazioni eclatanti, raccolte nella seguente tabella

                                               detto         detto e mostrato          detto, mostrato e sperimentato

memoria dopo 3 settimane     70%                  72%                                      85%

memoria dopo 3 mesi             10%                  32%                                      65%

Pazzesco, no?
Pensa che la tabella mostrata durante la formazione ad alcuni insegnanti di paracadutismo, ha innescato una  preoccupazione tale da generare una modifica immediata  al loro metodo d'insegnamento di caduta libera.......

" L'azione più' motivante che una persona può' fare per un'altra e' ascoltarla" R. MOODY

martedì 14 gennaio 2014

CHI SONO, IL MIO OBIETTIVO, COSA FARO'

Mi presento: il mio nome e' Alberto e sono nato e cresciuto nella bellissima ed antichissima citta' di Pavia, ai piedi delle stupende colline dell'Oltrepo' Pavese attraversata del mitico fiume Ticino, salutata dal possente fiume Po.

Sono sempre stato attratto da tutto cio' che riguarda la crescita personale e professionale,la creazione della  motivazione per qualsiasi azione intrapresa,ed alla comunicazione in ogni suo aspetto e caratteristica; percio' un po' per passione personale,per divertimento ed un po' per affinità  professionale, ho cominciato ad occupare il mio tempo libero alla lettura di tutto cio' che mi capitava sott'occhio che parlasse di programmi di PNL e di coaching.

A poco a poco sono andato alla ricerca di tutto cio'  che potesse darmi notizie e contenuti, recandomi davvero a "saccheggiare"  praticamente le librerie più' rifornite  di tali argomenti ed a rintracciare nel web tutto cio' che potesse fornirmi notizie, letture, video, blog  che potessero arricchire la mia insaziabile fame di nuove tecniche e studi  dello sviluppo comportamentale e della crescita.

Per fortuna le mie esperienze professionali compresa l'attuale occupazione, mi hanno consentito di sperimentare parecchie situazioni che se da un lato mi hanno motivato al confronto con gli altri e con me stesso, dall'altro ho potuto accrescere le competenze  indispensabili per scelta che ho fatto da qualche anno, di  dedicarmi alla  formazione ed al coaching.

Ecco perche' con questo blog mi voglio confrontare con te ed allo stesso tempo voglio offrirti alcuni spunti e strumenti, che possano stimolarti a pensare a come approcciare il percorso di miglioramento della crescita,a semplificare i tuoi percorsi di apprendimento e ad affrontare con più  decisione e serenita' le tue abitudini quotidiane; sarei veramente appagato personalmente e professionalmente  se attraverso questi nostri incontri, riuscissi a farti fermare qualche minuto, da solo con te stesso per riuscire a farti riflettere, a sintonizzarti con te stesso e provare quel nuovo senso di rinnovata autoconsapevolezza.

Ti ho riservato parecchie sorprese nei blog che seguiranno che se vorrai  potranno accompagnarti nel tuo  percorso di miglioramento e crescita, sia personale che professionale, e che ci daranno l'opportunità' di confrontare le prove pratiche e tangibili degli  strumenti che ho potuto personalmente provare su me stesso; non e' solo teoria, pura didattica, chiacchiere, ma  cio' che ti proporrò' riguarderà  l'utilizzo di strumenti potenzianti che troveranno concretezza nelle soluzioni pratiche che potrai testare da te, attraverso le tue  azioni.
  
 che dici?

"le cose che contano di più' non devono essere alla merce' di cose che contano meno". GOETHE



lunedì 13 gennaio 2014

l'ascolto empatico

"Prima cerca di capire" e' il concetto che voglio comunicarti  in questo primo incontro nel quale provero' a trasmetterti  tutta la mia passione e' l'opinione che ho riguardo al modo  di comunicare  efficacemente.
Condivido con quelli che affermano che nella maggior parte dei casi noi non ascoltiamo con l'intento di capire, ma la nostra principale intenzione e' quella di rispondere; parliamo o ci prepariamo a parlare,  e spesso e volentieri , scambiamo il concetto di risposta con la  preoccupazione di trasferire nella vita degli altri la nostra autobiografia.
Una volta un amico mi racconto' del rapporto con la  prorpia figlia e mi disse :" Non riesco proprio a capire mia figlia, non mi vuole assolutamente ascoltare".
 "Sei certo che non ti capisca perché'  non ti ascolta?" riformulai! "Certamente" rispose deciso. "Beh, consentimi di ribadire" continuai, " non capisci tua figlia perché' non ti presta ascolto, vero? e' così?"
"e' proprio quello che ho detto!" esclamo'. " Io penso che per capire una persona occorra ascoltarla" ribadii.
 Lo vidi riflettere qualche istante e  subito dopo riprendere " si, ma io ci sono passato, so cosa sta provando, quale esperienza sta vivendo, ci sono passato anch'io ed alla sua eta' ci si comporta spesso così; non capisce perché non vuole dare ascolto, e' semplice."
Il mio amico non aveva la più' pallida idea di cosa succedesse nella testa di quella ragazzina, vedeva il suo mondo riflesso in quello della figlia; lo stesso succede spesso a tutti noi, vogliamo essere compresi pur avendo di fronte le nostre ragioni personali, le nostra note autobiografiche, trasformando i nostri pensieri in monologhi che non aprono a capire gli altri di fronte a noi.
E' proprio da qui che l'ascolto empatico ci da' l'opportunità' di prestare attenzione sull'energia che le parole ci trasmettono: occorre capire, comprendere, guardare attraverso l'altra persona, osservare il mondo nel modo in cui lo vede, cercando di capire cosa sta provando, cosa ci vuole trasmettere. L'ascolto empatico non significa necessariamente dichiarare di andare d'accordo con qualcuno, ma capirlo pienamente e profondamente sia dal punto di vista emotivo che da quello intellettuale.
Usiamo sia la parte destra del cervello che la sinistra; sentire, intuire, avvertire...col cuore.